
«Ci siamo» dice Mama Lolo versando il caffè. E’ una mattina fredda e nelle strade di Soweto strombazza già il richiamo delle vuvuzelas. «Il mondo nelle mani dei Bafana» titola lo Star. Grande foto: un grappolo di mani nere e bianche aggrappate alla coppa d’oro. Ci siamo: dopo sei anni e almeno 4 miliardi di euro la calabash di Soccer City, il grande stadio a forma di pentolone ai margini dell’ex ghetto nero a sud di Johannesburg, sta per scodellare la prima delle 64 portate/partite di questa World Cup 2010. «Siamo tutti africani», ha cantato ieri sera l’arcivescovo ultraottantenne Desmond Tutu al concertone di apertura, dimenandosi sul palco dell’Orlando Stadium manco fosse Shakira.
Il dodicesimo sudafricano in campo doveva essere Nelson Mandela. Ieri Cristiano Ronaldo gli ha portato una maglia della nazionale portoghese con il numero 91, tanti sono i suoi fragili anni di pacifico lottatore. Mandela non ci sarà arrivata una notizia tragica, la morte di una bisnipotina del leader che dopo 27 anni di prigione ha sconfitto l’apartheid. Zenani, 13 anni compiuti due giorni fa, tornava dal concertone di Shakira. L’auto su cui viaggiava si è ribaltata sulla tangenziale
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