3 marzo 2009

Dal 2018 donne in pensione a 65 anni: Sarà giusto??

Un aumento graduale dell'età pensionabile delle donne a partire dal 2010, per arrivare a quota 65 anni nel 2018. È quanto prevede la bozza proposta del governo che è stata inviata alla Commissione europea per l'esame e che punta ad innalzare l'età pensionabile per le donne nella pubblica amministrazione di un anno per ogni biennio per parificarla così a quella degli uomini. Il testo, composto da un solo articolo di legge dal titolo «elevazione dell'età pensionabile per le dipendenti pubbliche», secondo le previsioni dovrebbe essere inserito via emendamento al disegno di legge comunitaria all'esame delle commissioni in Senato. La segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini, commenta in una nota l'ipotesi dell'innalzamento dell'età pensionabile delle donne nella Pubblica amministrazione. «È veramente assurdo e paradossale pensare ad un aumento dell'età pensionabile delle donne in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Prima di pensare ad una parificazione sarebbe invece giusto parificare altre questioni, a partire dall'occupazione, dalle retribuzioni, dal lavoro. Si tratta di un inaccettabile accanimento contro le donne nascosto dietro l'ipocrisia della cosiddetta gradualità». Il segretario generale dell'Ugl, Renata Polverini commenta la bozza di riforma del governo: «Non è attraverso l'equiparazione dell'età pensionabile delle donne, come sostiene l'Europa, che si rende giustizia alle discriminazioni cui sono soggette le lavoratrici. La risposta del governo alla Ue sull'aumento dell'età pensionabile delle donne non può prescindere dalla volontarietà, quale elemento cardine per lasciare alle lavoratrici libertà di scelta». «Da più parti - sottolinea in una nota la Polverini - registriamo appelli per una riforma delle pensioni che sarebbe quanto mai inopportuna in un momento di crisi quale quello che stiamo attraversando. Sono ben altri gli interventi necessari per colmare i tanti gap, a cominciare da una disparità salariale, delle donne costrette a fare i conti con minori opportunità di accesso e permanenza nel mercato del lavoro a causa soprattutto di un welfare deficitario che non aiuta la famiglia e fa gravare sulle donne l'onere di conciliare lavoro e famiglia».

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